Il signor Xy, con ricorso depositato presso il Tribunale di Bologna, chiedeva che fossero revocati il contributo previsto a suo carico per il mantenimento ordinario e straordinario del figlio, nonché l’assegnazione alla madre della casa coniugale.
A supporto della domanda evidenziava che il figlio, oramai venticinquenne, aveva lasciato definitivamente gli studi dal 2010 e dall’epoca non lavorava, non studiava e non mostrava alcuna volontà di intraprendere un percorso che lo rendesse indipendente. Negli anni il padre più volte ha tentato di aiutare il figlio ad inserirsi nel mondo del lavoro, pagandogli diversi corsi di formazione che però il figlio non ha voluto portare a termine. Anche i colloqui e le occasioni reperite dal padre per il figlio sono rimaste senza riscontro, a riprova dell’inerzia del ragazzo. La madre e il figlio vivono ancora nell’ex casa familiare di proprietà del padre che potrebbe, se libera, essere locata, anche in considerazione della circostanza che a causa dell’emergenza pandemica egli ha subito una drastica riduzione reddituale.
Si costituiva la signora WZ la quale chiedeva il rigetto delle domanda sostenendo che la mancata indipendenza del ragazzo non gli poteva essere imputata, avendo egli tentato di intraprendere diverse strade lavorative, rimaste senza successo, a causa della precaria situazione in cui versa il mercato del lavoro. A riprova delle affermazioni dichiarava che il medesimo aveva lavorato, sempre con contratti molto brevi e che le occasioni procurate dal padre si erano risolte in lavori sotto pagati e soprattutto si erano conclusi dopo poco tempo senza spiegazioni. Infine quanto alla asserita diminuzione economica del ricorrente, a suo dire non rispondeva a verità in quanto quest’ultimo avrebbe addirittura acquistato un immobile in Sardegna.
Fissata l’udienza di comparizione, i coniugi presenti ribadivano le rispettive posizioni; il Giudice disponeva un differimento per consentire al figlio di reperire un impiego più stabile e alle parti di addivenire a una soluzione condivisa. Alla successiva udienza le parti davano atto di non essere giunte a un accordo e di insistere nelle rispettive istanze.
Il Tribunale ha quindi deciso che la domanda del ricorrente di revoca dell’obbligo a suo carico di versare un contributo per il mantenimento ordinario del figlio debba essere accolta secondo costante giurisprudenza (Cass. Sez. I, n787 del 13.01.2017 – Cass. 1.18076/2014 e infine Cass. Sez. I, n. 12952del 22.06.2016).
Nel caso di specie poi il signor XY ha dato prova che il figlio, ampiamente maggiorenne, non è economicamente autonomo per motivi riconducibili a una sua responsabilità, atteso che nell’ampio lasso di tempo trascorso dalla fine degli studi (frutto, fra l’altro, di una sua libera scelta), egli non solo non ha mai recepito un’occupazione duratura, ma non ha mai neanche mostrato un costante e serio impegno in tale direzione, né la volontà di rendersi economicamente indipendente; non è contestato che egli abbia abbandonato la scuola da tempo, e da allora abbia fatto solo lavoretti di breve durata, senza peraltro allegare o dimostrare eventuali ostacoli personali al raggiungimento dell’autosufficienza economico reddituale e al consolidamento del suo percorso lavorativo.
Alla revoca dell’assegno di mantenimento del figlio per non essere questi economicamente autosufficiente per ragioni dipendenti da sua responsabilità, debba conseguire quella dell’assegnazione della casa familiare alla resistente; invero secondo costante giurisprudenza il provvedimento di assegnazione della dimora coniugale sia in sede di divorzio, sia in sede di separazione, “………..é subordinato alla presenza di figli, minori o maggiorenni, non economicamente autosufficienti, conviventi con i genitori; tale ratio protettiva che tutela l’interesse dei figlia permanere nell’ambito domestico in cui sono cresciuti non è configurabile in presenza di figli economicamente autosufficienti, sebbene ancora conviventi, verso cui non sussiste alcuna esigenza di speciale protezione……..”, (Cass. Sez. 6-1 ordinanza n. 3015 del 07.02.201).
Le spese debbono seguire la soccombenza e vengono quantificate sulla base del valore indeterminato della causa e in applicazione dei parametri di cui al D.M. 55/14 attualmente in vigore e poste a carico della resistente.